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Scartafaccio

quaderno di pensieri e accadimenti

1.

Mi chiedo il perché di questo sito.

Proprio io! Così poco partecipe del mondo informatico, così cauto nell’aderire a un progresso che capisco bellissimo ma verso il quale ho più o meno, immagino, lo stesso atteggiamento del primo uomo quando ha visto il primo fuoco (e non mi fa piacere). Così pigro da rischiare di sconfinare nell’accidia (e non mi fa piacere). Io che continuo ad avere una sola ambizione, che a me pare la massima: vivere il più in pace e meglio possibile, con la minor fatica possibile e nel rispetto degli altri quanto più so e posso (e mi fa piacere).

Mi ritengo sufficientemente fortunato: ho scelto e fatto un lavoro che per molto tempo mi ha incuriosito, stimolato e soddisfatto, che mi ha dato e dà da vivere qb. In generale non mi lamento e sono abbastanza a mio agio nell’equilibrio precario tra Caso, Destino e Fortuna da una parte e la possibilità di incidere con pensieri, comportamenti e azioni dall’altra. Non mi disturba.

Non mi disturbano gli anomali, i ribelli, i provocatori per passione, i controcorrente, quelli che si incazzano, quelli che accettano, i cani sciolti, i paradossali, i non omologati, i liquidati come pazzi, gli idealisti, i patafisici, i sognatori, gli intraprendenti, i curiosi, gli sfacciati, gli audaci, i polemici, i signor-no, i sensibili, gli insicuri. Basta che non siano patologici. Sarebbe una sfiga! Per loro.

Mi disturbano, e molto anche, i disonesti, gli scorretti, i corrotti, gli arroganti, i sufficienti, gli indifferenti, i rassegnati, i sicumerici, i leccaculo, i vigliacchi, i profittatori, gli speculatori, gli avidi, i manipolatori, gli egocentrici, i conniventi silenti e lamentosi, i presuntuosi, i convinti, i protervi, i servili, i furbetti, quelli che non hanno (e rifiutano di avere) dubbi, i cocciuti, i supponenti. Spesso, bypassata la consapevolezza, diventano patologici. E’ una sfiga! Per noi.

Ma chi può sentirsi sicuro di mettere gli omini nella casella corretta, pertinente, giusta, vera? D’istinto mi verrebbe da rispondere Nessuno, oppure, ovviamente, Io. In realtà, la risposta è Ciascuno di noi. Per conto proprio, non chiudendo mai, dentro di sé, i lavori in corso. Attenti e pronti a correggersi, a scoprire. Ma questa discutibile e rischiosa operazione, occorre? E’ utile? Secondo me, sì. Non è un banale o pipponico esercizio di opinioni/giudizi.

E’ un gioco, un po’ serio e un po’ scherzoso (come quasi tutto), che ci può aiutare a capire chi siamo, cosa vogliamo e come possiamo essere. Ci può aiutare nel migliorare, nella comprensione di persone e fatti, nei nostri atteggiamenti e comportamenti. Insomma, a vivere, a sopportare ciò che non possiamo fare altro che accettare, a sentirci meglio, a soffrire meno, magari anche a offrire meglio. Va beh, ogni tanto parto per la tangente e finisco per non aver bisogno dell’aiuto esterno per rompermi i coglioni. Ce la faccio da solo.

 

Il fatto è che, come credo a molti mortali, mi si presenta la tentazione dei bilanci. A quasi settant’anni comincio a realizzare che sono un po’ come sul rettilineo finale, o alle ultime tappe del Giro, (e non sono neanche in maglia rosa!). Fra l’altro, né l’Organizzazione Cosmica né Google Maps forniscono il percorso. Sarà lungo? Breve? In salita? In discesa? Chissà!? Non può avere una grande importanza. Andiamo a vedere.

E questa è una possibile risposta alla domanda iniziale: questo sito è l’umano desiderio/sogno (illusione?) di rimanere, di non sparire del tutto. O anche solo una sorta di testamento colorato (non c’è niente di triste, di macabro o di iettatorio per cui toccarsi le balle, va beh magari un pochino). E’ un lascito per chi lo vuole accogliere. Un modo per condividere, seppure a distanza e ahimè sommariamente, qualcosa che per me è stato ed è quasi vitale, un piacere, una spinta in avanti e una gioia che spesso ho riconosciuto, come in uno specchio, negli occhi delle persone che ho spiato alle mie poche mostre. Certo, ho visto anche qualche sorrisino di sufficienza se non di benevola compassione ma, mi ripeto e ripeterò fino alla nausea, ognuno sente pensa e vive come sa può e vuole.

2.

Il gioco è una cosa seria.

Vi sarà capitato di osservare i bambini quando giocano: come sono attenti, compresi, concentrati, determinati. Se qualche regola del gioco è un po’ stretta, non chiara o sembra insufficiente, nessun problema: si cambia. Con fantasia e inventiva si confrontano, si scontrano, trovano soluzioni migliori per il loro gioco, per il loro star bene comune. E se qualcuno tenta una furbata è assai probabile che venga sgamato e messo in minoranza. E’ necessario. Sbagliare è un diritto, ma i bambini sentono l’istintivo, naturale dovere di correggere e continuare a cercare modalità il più possibile giuste per tutti perché, altrimenti, non potrebbero più giocare con gusto e divertimento. Certo, non tutti i bambini: ci sono quelli che nascono già stronzi (e, come cantava Brassens, “a novant'anni oppure in culla, chi è stronzo resta così”) e quelli minati dalle intromissioni dei genitori. Sorvoliamo. Il gioco è una cosa seria. Senza timori reverenziali, né complessi, né paure, i bambini si prendono la briga di superare gli orgogli, i princìpi, le sopraffazioni, gli abusi, le violenze, i poteri, i ricatti, gli egoismi, la malafede. I bambini hanno meno esperienza degli adulti, per forza! ma, spesso, sanno. Semplicemente. Sono liberi come, forse, non saranno mai più nel corso della vita (se non in brevi attimi). Sarà per questo che molti degli umani sono così legati all’infanzia? Non lo so. Mi piace sospettarlo. Mi piace ipotizzare che se tutti riuscissimo a non tradire il nostro “fanciullino”, il mondo potrebbe funzionare meglio.

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