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Augusto di Bono

Nasco a Sarzana (La Spezia - Italia) il 26 ottobre 1950. A dieci anni mi trasferisco con la famiglia a Massa (MS) dove rimango fino alla fine del Liceo nel ’69.

Nell’estate ’68 comincio l’avventura nel mondo dello spettacolo, in Versilia, con un gruppo di Cabaret. Canto e suono tutte le estati, fino al 1978 (non mi tocca cercare stagioni estive in teatro). Nell’autunno ’69 entro alla Civica Scuola d’Arte drammatica Piccolo Teatro di Milano dove mi diplomo nel 1972.

A 22 anni inizio il mestiere di attore professionista al Teatro Stabile di Bolzano, dove resto per due stagioni. Poi vado nella Cooperativa Teatro Aperto di Genova. Altre due stagioni. Negli anni successivi lavoro con il Teatro Nord e il Teatro Uomo di Milano, apro e dirigo una delle prime radio libere in Italia (Radio Versilia, nel ‘75/’76), partecipo a uno spettacolo col Nuovo Canzoniere Italiano, a vari concerti di Musica Barocca (come cantante-attore) in Italia, Francia e Spagna, a diversi sceneggiati (più radiofonici che televisivi), rimango disoccupato per sei mesi nei quali, però, imparo a non avere paura (riesco a mantenermi andando in Versilia nei week-end a fare cabaret), finché non approdo al Piccolo Teatro di Milano dove, nel 1980, al termine di una tournée in Giappone, prendo atto che non ho il “carattere giusto” per appartenere a un Partito o ai Salotti Buoni e che il Teatro non mi può dare da vivere come ritengo giusto e dignitoso. Il Lavoro deve essere retribuito senza speculazioni sulle passioni o necessità altrui! Ci siamo capiti, no? Decido di fermarmi a Milano per dedicarmi a Doppiaggio (incontrato nel ’78), Radio, Pubblicità e Documentari, insomma alla “vendita della voce” e, senza avere niente di certo in vista, rifiuto un contratto col Piccolo perché ritengo inadeguata la paga offertami, nonostante fosse notevolmente superiore a quella dell’anno precedente. Rischiare è stata la mia fortuna: quell’anno è esploso il Doppiaggio a Milano. Ho fatto ancora teatro, per piacere mio, con gli amici e, soprattutto, stanziale. Di questo puro divertimento non ringrazierò mai abbastanza i cari Gianni Mantesi e Grazia Migneco. Vivo, quindi, a Milano fino al 1998, quando mi trasferisco in Ticino.

Sono anche Cittadino svizzero. Dal 1981 al 2016, oltre che in Italia, lavoro per la Radio e la Televisione della Svizzera italiana (per la Radio, ancora oggi).

Finché respiro, parlo, mi chiamano e ci vedo (dall’ ’86 uso solo un occhio per un distacco totale della rètina), continuo a fare il “vocivendolo”. Rientro a vivere in Italia nel 2020. 

 

Nel 1998, colpo di fulmine! Scopro casualmente lo SculpeyIII e, della stessa Ditta, il Premo. Sono argille sintetiche che mi permettono di sviluppare, con molto piacere, l’antica passione di modellare la cera Pongo (nata nel 1956) che non ho mai abbandonato nel tempo.

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La Spiaggia scacchiera.jpg

La Sculpittura,

come mi diverte chiamare questa attività, anche per rispondere all’esigenza -più o meno comune e utile- di dare una classificazione ad ogni sospiro, non è  né scultura né pittura, bensì appunto, una strana fusione tra le due cose. Mi incuriosisce, stimola e diverte. E’ il mio angolo di libertà semi-assoluta. Le creazioni, che preferisco chiamare “creature”, nascono semplicemente per mio piacere (hai detto niente!). Ovviamente per me sono importanti e mi permettono di non smettere di “giocare”, ma per voi… beh! che ognuno, se le accoglie, lo faccia come sa, può e, soprattutto, vuole. Considero risultato positivo il solo fatto che possiate incontrarle. Dà più senso al mio lavoro. Se, poi, vi daranno emozioni o semplicemente vi piaceranno, tanto meglio.

 

Perché proprio gli scacchi?

Perché, oltre a giocarci -male-, mi piacciono come oggetti. Ne ho una piccola collezione e, visto che certi pezzi che mi piacevano erano per me troppo costosi, ho pensato che avrei potuto farmeli da solo. Ma già dalla prima scacchiera è cambiato tutto: non mi interessava più possedere i pezzi. Il mio collezionare è finito lì. Ho sentito (udite! udite!) che mi si apriva un mondo. Farmi i pezzi era l’occasione per giocare con gli scacchi in modo diverso. Potevo inventarmi, o ricreare, degli ambienti, delle atmosfere (non so se oggi fa ancora figo dire “storie”) come pareva a me. Ho realizzato che, nei set in commercio, la tavola della scacchiera non vive quasi mai (sì, qualcuna lavorata o istoriata  si trova, ma a me appaiono sempre un po’ morte, o che abbiano una vita sciatta) e allora perché non usare la tavola per costruire delle scenografie, degli habitat per far star meglio i pezzi-personaggio?

Non sarà così quasi certamente, ma pensare che potrei essere il solo al mondo a fare queste scacchiere e che ognuna è un pezzo unico, nel vero senso del termine (mi annoierei a fare repliche), gratifica quel tot di vanità del quale non vedo perché dovrei essere sprovvisto.

Comunicazioni di servizio

 

Tutto quello che vedrete è fatto col clay. E’ un’argilla sintetica che viene cotta nel normale forno di casa ad una temperatura massima di 130°.

Dopodiché rimane inalterabile. Non si possono quindi sbagliare i tempi di cottura che variano a seconda dello spessore degli oggetti. I colori dei pezzi, testati sotto lo zero in inverno e sotto il sole cocente in estate, non cambiano. Uso questo materiale da oltre vent’anni.

Fanno eccezione al clay i manufatti del capitolo “Le origini” che sono in cera Pongo, oggi detta comunemente plastilina. Sono pezzi fatti dal 1961 al 1997 e sopravvissuti non so bene neanch’io come. E’ evidente che la cera, col troppo calore, si scioglie e che, comunque, si deteriora.

 

NIENTE E’ DIPINTO.

Non uso pennelli o pitture per colorare i pezzi. I colori nascono dalle varie tinte base dei panetti forniti dalle Ditte di clay e dalla loro mescolanza.  Uso le dita, uno stuzzicadenti, un taglierino e vari attrezzi di fortuna usati, di volta in volta, secondo necessità.

Non è propriamente un’eccezione al “Niente è dipinto”, ma, agli inizi del mio lavoro col clay, ho sperimentato la sovrapposizione di una vernice lucida trasparente (non è “dipingere”, dunque) per ricoprire mare, fiumi o laghi, qualche frutto e altri particolari. Per tentare di rendere meglio l’idea dell’acqua e del bagnato. Ma poi ho preferito usare un solo linguaggio ed evitare non convincenti contaminazioni.

Per darvi un’informazione in più: in ogni opera circa il 20% dei colori sono tinte-base e circa l’80% sono fatti da me.

Curiosità: nell’opera “Colore in dodecasillabi” ci sono 12 scacchiere di 12 colori diversi e ciascuna ha 12 sfumature del suo colore. I colori vanno cercati uno a uno, va fatto un test nel forno per vedere come risultano una volta cotti, perché cambiano un poco con la cottura e ciascuno a modo suo: ogni sfumatura va testata singolarmente. Un po’ faticoso, sì, ma è stato molto divertente e affascinante.

 

Le foto professionali del sito sono del mio amico Stefano Lanzardo. Non vi sarà difficile individuarle. Sono quasi tutte nel libro-catalogo “Scacchi di Aug”, Silvana Editoriale 2004. Più altre, scattate in condizioni non ideali (durante le Mostre).

Le foto scattate non da professionisti, sono state fatte con attenta perizia dai miei amici.

Luca Tami: “La Trattoria”

Giacomo Mocchetti: “L’Inter di Giacomo”.

Amina Ursini e Gianluca Trofei: le altre. Quelle più belle, perché le più scadenti sono mie.

Sergio Bertani de Lama: la foto della pagina iniziale del sito.

I filmati professionali sono degli amici Francesco "Check" Chiesa e Marzio Arigoni gli altri sono stati

fatti da Cristina (mia moglie), Sonia Borghi (mia cognata) e da me.

Il sito è fatto, con infinita pazienza, passione e competenza da Gianluca Trofei.

A loro (a Gianluca, è ovvio, in particolare) un grandissimo e riconoscente “Grazie!”.

 

Ultime informazioni che credo utili.

Queste opere non sono espressioni del mio Mestiere, non è il Lavoro che ho scelto per guadagnarmi da vivere. Va da sé che non appartengano ad alcun Mercato, né tantomeno alle sue imbarazzanti logiche. Il loro valore, in tutti i sensi, è attribuito da me, da chi li ha visti, da chi li ha ricevuti in dono e da chi li ha comprati.

La dicitura “Collezione privata” che troverete in alcuni pezzi significa che o sono miei, o li ho regalati, o li ho venduti.

Aggiungo e chiudo: le “creature” hanno un loro progetto di vita: incontrare il numero maggiore possibile di persone. Per cui contemplo la possibilità di regalare quanto ancora in mio possesso. Se, tra i visitatori del sito, ci fosse qualcuno (un individuo, un ente, una fondazione o che so io) che vedesse un senso o un interesse pubblico nell’esporre permanentemente le opere, sarei contento di parlarne per trovare una formula di reciproca soddisfazione e garanzia.

 

Chi volesse ulteriori informazioni o avesse curiosità, può scrivermi all’indirizzo e-mail augustodib@gmail.com. E’ assai probabile che, prima o poi (vista la mia pigrizia), vi risponda.

 

Mi pare che, come COMUNICAZIONI DI SERVIZIO, basti e avanzi.

 

Non mi basta e avanza, però, come “Comunicazioni per l’uso”.

Quindi, potrebbe anche essere che, nel tempo, mi farà piacere o sentirò l’insano bisogno di rendere questo capitolo del sito una specie di  SCARTAFACCIO, un quaderno di pensieri e accadimenti. Tanto, mica invado qualcuno. Basta un clic e taccio.

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